Integrazione posturale
Testo di: Glauco Zanotti
Nell’area dei trattamenti e massaggi, è più facile definire cosa non è. Per evitare a scettici e curiosi di non saperne di più, potrei definire l’integrazione posturale senza pretendere di spiegarla.
E’ un trattamento olistico. E’ un lavoro sul corpo psicologicamente attento, un massaggio della guaina che riveste i muscoli per produrre uno stiramento, un allungamento, una decontrattura. Riporta l’attenzione su parti del corpo dimenticate che si sono “difese dalla vita”.
Non è un semplice massaggio perché è finalizzato a far emergere i contenuti emotivi, provocare l’espressione di sensazioni dimenticate o inconsapevolmente perdute. Fa tesoro delle differenze, imperfezioni, difetti e peculiarità di ciascun individuo osservato nel suo intero essere per la ricerca di un agire consapevole. E’ una trasformazione dell’intero sé che coinvolge mente, corpo e anima.
Cercherò quindi di darne i contenuti di fondo, per quanto mi è possibile, facendo riferimento anche alle opere di Jack W. Painter, Ph. D., professore di psicologia e filosofia dell’Università di Miami, fondatore dell’International Council of Postural Integration Trainer.
Trasformazione dell’intero sè
Apparentemente molti di noi desiderano cambiare, desiderano essere più rilassati, più vivi, ma qui risiede il problema basilare della trasformazione umana. Sebbene diciamo di volere un tipo di vita diverso, e magari siamo anche coinvolti in molti progetti per migliorare noi stessi, c’è una parte di noi che ostinatamente resiste a ogni ridirezione basilare della nostra vita. Questa parte di noi che rifiuta di lasciarsi andare è la nostra corazza.
La chiamiamo corazza perché è quell’aspetto di noi che, avendo paura di possibile dolore, confusione e sofferenza, indurisce e insensibilizza i nostri corpi e mantiene le nostre sensazioni e i nostri pensieri sotto attento controllo. La nostra corazza è l’insieme di tutte quelle posture ben sviluppate per fronteggiare la vita: collo rigido, pancia tirata in dentro, vita molle, lombi dolenti, gambe rigide. Tutti quei sentimenti tenuti a bada: tristezza coperta, rabbia trattenuta, paura paralizzante.
La corazza è costituita da tutte quelle credenze, spesso tacite, che ci controllano: se ci provo avrò successo, se sono cortese con te tu dovresti essere cortese con me, se ti amo mi ami. La cosa essenziale è invece che: se mi amo posso amare, se sono cortese con me posso essere cortese con gli altri, se rispetto i miei sentimenti posso rispettare i sentimenti degli altri.
Nelle nostre corazze risiede la differenza fra desiderare qualcosa per noi o per gli altri e volere sinceramente qualcosa per noi o per gli altri.
Osservatevi nel comportamento: sostanzialmente si vuole fare una buona impressione sulla gente. Questo tipo di comportamento diventa una seconda natura messa in moto inconsciamente e funziona bene per noi fino a quando è in grado di proteggerci dal dolore e dalla confusione. Chi ama fare una brutta figura? Normalmente vogliamo esprimere l’immagine migliore di noi stessi. Questa abitudine, che ci viene insegnata fin da bambini, forma una struttura rigida che va a inibire la nostra spontaneità.
Una delle principali difficoltà risiede nel fatto che la nostra corazza è inconscia e mantiene il suo controllo anche quando tentiamo di modificare noi stessi o parti di noi. Quando tentiamo di cambiare il nostro modo di essere e la nostra vita, utilizziamo le nostre posture e i nostri atteggiamenti per fronteggiare problemi già sviluppati e inconsci.
Se per esempio teniamo arcuate eccessivamente le vertebre lombari (questo poi creerà severi dolori alla schiena), cercheremo sollievo facendo esercizi yoga; magari concentrandoci su esercizi che sono più facili da eseguire, come nella posizione del pesce e nella posizione del cobra.
Alla lunga queste posture aumenteranno lo sbilanciamento del nostro corpo procurandoci più dolore. In questo caso un atteggiamento inconscio guiderà il nostro corpo a rinforzare le vecchie posizioni. Insistendo in pratiche di questo genere, trasferiremo una tensione del nostro corpo da un’altra parte del corpo. Per esempio, nel tentativo di raddrizzare la schiena, tenderemo ad incurvare le spalle contraendo così i muscoli del petto.
Le tensioni che il nostro corpo accumula ci fanno a volte desiderare dei massaggi rilassanti che, pur rilassando le parti esterne del nostro corpo, tendono però a dirigere le tensioni ancora più in profondità. Non è pensabile massaggiare una parte del corpo senza occuparsi dell’intera struttura. Il corpo non è costituito da un insieme di pezzi, ma bensì da una relazione fra i vari organi, le varie membra.
Spesso, quando dico di essere intenzionato ad esplorare ogni parte del mio corpo e affrontare i miei pensieri e i miei sentimenti, sto usando una parte inconscia della mia corazza. In questa mia affermazione ci potrebbe essere un messaggio implicito: “ci sto provando, ma niente funziona mai per me“. A questo punto ci si potrebbe chiedere che genere di approccio e di processo ci può aiutare contro queste difese inconsce e profondamente radicate.
Io ho scoperto, nel lavoro su me stesso e sugli altri, che ciò di cui abbiamo bisogno è un modo d’intervenire sull’intero sé. Sull’unione di ogni parte del corpo: interno e esterno, corpo e mente, emozioni e sentimenti. Agendo su vecchie e rigide posture corporee, si avverte il bisogno di intervenire sulla rigidità dei sentimenti, sui processi di pensiero che li accompagnano e sullo sblocco di emozioni e idee. Abbiamo quindi la necessità di liberare simultaneamente muscoli e tessuti per permettere nuovi e più flessibili movimenti.
L’integratore posturale interviene con mani, dita, gomiti mentre la persona emette suoni, si lamenta, può urlare, tirare calci e piangere. Potreste anche vedere l’integratore che culla, sorregge, massaggia la persona, la invita a respirare profondamente o anche semplicemente a entrare in un dialogo che chiarifica sentimenti, idee, mali e dolori.
L’integrazione posturale è quindi un lavoro corporeo in cui l’integratore ruota, sposta strati di tessuto e di muscoli in modo da riorganizzarli come se li volesse far dialogare tra loro. Ma non è un lavoro corporeo nel senso restrittivo, poichè il corpo non viene mai trattato separatamente dalle emozioni e dalla mente. Si tratta il corpo perché esprime la forma immediatamente tangibile del corpo e della mente.
Il potere straordinario dell’integrazione posturale risiede nella volontà del paziente e dell’integratore di lavorare su diversi livelli nello stesso momento. Mentre incontro il corpo e allento le tensioni muscolari profonde, guardo il paziente negli occhi (primo veicolo dell’energia); mentre applico pressione con le mani chiedo alla persona di condividere con me, attraverso suoni, movimenti e parole, ciò che sta avvenendo, sente, vede, percepisce e pensa.
Si potrebbe sollevare l’obiezione che un cambiamento fondamentale del sé deve implicare più di un condividere momentaneo (come il momento del massaggio), indipendentemente da quanto sia unificato fisicamente e emozionalmente. In realtà l’integrazione posturale non è un semplice sollievo momentaneo, anzi in genere al momento non lo è.
E’ un processo guidato passo dopo passo dall’integratore, al fine di lavorare, con il vostro sé superficiale, sul sé profondo; regolare e bilanciare il vostro livello di energia; assimilare e comprendere i cambiamenti di cui state avendo esperienza, dopo aver riportato a consapevolezza quelle parti del corpo di cui vi eravate dimenticati e, perché no, anche dei sentimenti.
L’integrazione posturale è quindi composta di tanti momenti a diversi livelli che cominciano e si interrompono alla fine di ogni incontro: gli effetti e la conoscenza di sé non finiscono mai, ma possono essere riconquistati per sempre.
Rilasciare l’interiore e l’esteriore
Nella vita “dobbiamo crescere” apprendendo delle risposte. (Alcuni, facendo ironia – ma che verità! – sostengono che quando si sono ben apprese le risposte ci vengono cambiate le domande). Molte di queste risposte, trasformate in abitudini rigide per proteggerci dal dolore, possono però impedire la nostra completezza e spontaneità.
Il nucleo delle nostre resistenze si forma con le prime abitudini che assumiamo per vivere. Già quando siamo feto assumiamo una posizione di chiusura, di protezione. Poi lo shock della nascita e successivamente i conflitti durante lo sviluppo infantile delle fasi orale, anale e genitale.
Entro i primi tre, quattro anni abbiamo quasi completamente assunto le nostre posture caratteristiche: i nostri modi di evitare il dolore.
Questo nucleo con il tempo si rinforza sempre più e per proteggerlo costruiamo intorno ad esso una corazza protettiva. Il nucleo è la parte più resistente di noi, ma al tempo stesso la più vulnerabile. La scorza esterna che lo avvolge come una conchiglia ci consente nella vita di “rischiare di più”, accompagnati però dalla sensazione di essere comunque internamente protetti.
Inconsapevolmente manteniamo questa separazione tra involucro e nucleo con forme e maniere diverse. E’ facile che a livello fisico si sviluppino i muscoli più esterni, quelli che l’anatomia definisce “muscoli estrinseci”. Sono i muscoli della locomozione che utilizziamo per correre, sollevare, lanciare. Facilmente questi muscoli esterni vengono sviluppati nella convinzione di poter superare i nostri problemi semplicemente attraverso la forza e il potere.
In questo processo vengono così soffocati i muscoli interni: quelli “intrinseci” che danno inizio e coordinano il movimento. Estremizzando otteniamo una superficie rigida e un nucleo soffice che ci portano ad essere muscolarmente nodosi e maldestri.
A livello emozionale potremmo ritenere che una sviluppata attività esteriore induca una sufficiente vita interiore. Diventando coscienti dello sviluppo eccessivo dell’involucro, ovvero della dura conchiglia che ci siamo creati, possiamo provare ad ammorbidirla lavorando gradualmente dall’esterno verso l’interno. A questo proposito, la strategia più frequentemente utilizzata nel lavoro corporeo profondo consiste nel decontrarre l’involucro per sensibilizzare il nucleo; si pensi allo sfogliare di una cipolla che, liberata dallo strato più superficiale, ci fa accedere agli strati più profondi.
Possiamo comprendere meglio questo approccio se osserviamo la conformazione del tessuto che viene manipolato. I muscoli sono avvolti in tessuto plastico chiamato “fascia” o “tessuto connettivo”. Questa materia dà forma a un sistema costituito da strati di tessuto organizzato per guidare i nostri movimenti. Lo strato più esterno avvolge l’intero sistema come una grossa busta della spesa. Procedendo in profondità troviamo avvolgimenti individuali per ciascun muscolo.
Quando sviluppiamo schemi rigidi di comportamento, emozionale e fisico, il sistema delle fasce diventa meno flessibile restringendo la nostra possibilità di movimento e l’attitudine generale del corpo-mente. Normalmente si crede vincente, per ristabilire mobilità e bilanciamento ai muscoli, lavorare per ammorbidire e riorganizzare il sistema fasciale diventato rigido e incollato.
Il fatto è che se si lavora sul corpo partendo dall’esterno, si trascura la propensione della nostra corazza a spostare le sue difese; il rischio è che la tensione liberata in superficie si sposti verso gli stati più profondi.
La comprensione del ritmo con cui l’individuo attraversa e assimila il cambiamento fa sì che l’integratore assista alla trasformazione contemporanea dell’involucro e del nucleo. Per esempio si comincia a spostare strati superficiali di tessuto facendo muovere muscoli intrinseci con un gentile basculamento delle pelvi, o brevi e muti movimenti della spina dorsale.
Ancora, lavorando sulla muscolatura estrinseca, e quindi sugli atteggiamenti e sentimenti esteriori, è molto probabile che si lavori simultaneamente l’interno. Pensiamo alla bocca che contiene alcune delle strutture più profonde, emozioni e attitudine del corpo.
Quindi più che vedere il corpo, il corpo-mente, come gli strati di una cipolla, è meglio sentire una massa plastica vibrante, in alcune parti meno viscosa che in altre, che si insinua dell’esterno all’interno e dall’interno all’esterno. Così quando viene toccata a qualsiasi livello o profondità, immediatamente risponde, comunicando il cambiamento a tutte le altre parti e dimensioni.