Acqua: il principio di tutte le cose
Testo di: Paola Grassi
L’intervento di cui riporto la versione cartacea qui di seguito, ha inaugurato una serie di serate a tema intitolate Acqua per vivere che si sono tenuta nell’ambito della ottantesima edizione della Fiera di San Roccoa Lainate (Mi).
Riporto il testo della presentazione così come è stato esposto al pubblico presente, e che lo ha ascoltato in un contesto particolarmente cacofonico, ma che ricordava in maniera decisamente centrata il clima di una vera e propria agorà, ovvero la piazza del mercato, una fiera appunto, dove commerciare non solo in merci, ma anche in idee.
Premessa
Prima ancora che sul termine “acqua” vorrei portare la vostra attenzione sul termine “vivere”. Il senso di questo mio intervento – nel più ampio progetto di “acqua per vivere”, in effetti, si allinea con quella che altrove chiamo “arte di vivere filosoficamente” e che si articola sui tre concetti di “cura di sé”, “attenzione” e “cura per l’altro”.
L’equilibrato inanellarsi di questi tre momenti fa di una vita, una vita vissuta filosoficamente. Che cosa ha a che fare questo discorso con l’acqua? E, soprattutto, perché scegliere una filosofa per introdurre un ciclo di conferenze sul tema dell’acqua?
La risposta dimora proprio nel termine “vita”, del quale mi avvalgo qui per introdurre i lavori da un “punto di vista filosofico”, intendendo con ciò il “punto di vista di una vita vissuta filosoficamente” – ovvero una vita attenta e che “si prende cura di”.
L’invito che mi è stato rivolto, infatti, è quello di portare l’attenzione, in primo luogo, sulla questione dell’acqua come bene per l’uomo e per il suo ambiente, – entrambi i quali hanno bisogno di questo elemento per rigenerarsi, trasformare e garantire la vita; ma soprattutto, l’idea è quella di agire direttamente sui valori e gli stili di vita, al fine di pensare insieme comportamenti consapevoli e virtuosi.
Per costruire un “discorso filosofico” sul tema dell’acqua non si può che prendere le mosse dal mondo fisico con l’ambizione di risalire poi, secondariamente, da quello al mondo etico – o, detto altrimenti, dal mondo di fuori al mondo di dentro. Tuttavia, così facendo, si rischia di perdersi nelle seduzioni della vita di dentro, anziché “fare cose” nella vita di fuori insieme con gli altri, – e con ciò approdando al simbolo, mentre si va alla ricerca del concetto.
Questo per dire che non una “psicoanalisi delle acque” è qui in gioco, ma una vera e propria “filosofia dell’acqua” intesa come perpetuo e consapevole ragionare a proposito di ciò che avviene (o non avviene) sulle “vie dell’acqua” – com’è quella del Villoresi nel caso di Lainate e il suo territorio.
Quella entro cui ci collochiamo qui per costruire una storia del pensare l’acqua – dunque, o storia del pensiero sul tema dell’acqua, non è propriamente una storia della filosofia, quanto uno studio dei comportamenti filosofici e degli stili di vita. E la più ampia storia entro cui rintracciare l’evoluzione di un pensiero sull’acqua, è una storia che risponde alla domanda che “cosa significa vivere filosoficamente?” – nella convinzione che prima di qualsiasi discorso filosofico viene una scelta di vita il cui scopo è sempre la trasformazione del soggetto e del suo modo di essere.
Se nel passaggio dall’orizzonte della fisica (o del mondo di fuori) all’orizzonte dell’etica (o del mondo di dentro) si rischia di perdersi, è perché quest’ultimo è lo scenario di vita dell’essere vivente e delle sue scelte, ed esso può certo essere illuminato dalla ragione, ma altrettanto essere oscurato dalle illusioni dell’immaginario.
Primo fra tutti ad illuminare con la ragione il mondo di dentro è, nella storia della filosofia così intesa, Socrate. Con Socrate, il mondo di dentro e il mondo di fuori trovano il loro equilibrio, – occupandosi il filosofo, ovvero colui che conduce una vita vissuta secondo ragione, tanto della interiorità e delle sue immagini, quanto della realtà e degli uomini che la popolano e con i quali, prima di tutto, è possibile dialogare.
E’ pur vero, tuttavia, che è esistita una “filosofia prima della filosofia”.
Prima dell’epoca del dialogo o del filosofare socratico viene un’epoca popolata da quei pensatori (vissuti circa seicento anni prima di Cristo) cui Aristotele (con il quale nasce la “storia della filosofia” intesa come cronografia dei pensieri mai pensati dagli uomini) darà il nome di pre-socratici.
Il principale interesse di questi “filosofi” – ai quali converrebbe forse pensare come ad esploratori e scopritori, è la natura (il mondo di fuori) cui essi tentano di dare una prima organizzazione razionale osservando il comportamento dei quattro elementi: acqua aria terra fuoco. Ci concentreremo qui su coloro che considerano l’acqua il principio di tutte le cose.
L’epoca del filosofare presocratico
Aristotele scrive:
“La maggior parte di coloro che per primi filosofarono pensarono che princípi di tutte le cose fossero solo quelli materiali. Infatti essi affermano che ciò di cui tutti gli esseri sono costituiti e ciò da cui derivano originariamente e in cui si risolvono da ultimo, è elemento ed è principio degli esseri, in quanto è una realtà che permane identica pur nel trasmutarsi delle sue affezioni. (…) Tuttavia, questi filosofi non sono tutti d’accordo circa il numero e la specie di un tale principio.
Talete, iniziatore di questo tipo di filosofia, dice che quel principio è l’acqua (per questo afferma anche che la Terra galleggia sull’acqua), desumendo indubbiamente questa sua convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido, e che perfino il caldo si genera dall’umido e vive nell’umido. Ora, ciò da cui tutte le cose si generano è, appunto, il principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo fatto e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida e l’acqua è il principio della natura delle cose umide“.
Che cosa ci dice questo importante frammento aristotelico? Prima di tutto ci presenta Talete, tradizionalmente considerato il primo “filosofo” della storia, nonchè “filosofo dell’acqua” per eccellenza. E di Talete ci rimane questo frammento: “L’acqua è il principio di tutte le cose; le piante e gli animali non sono che acqua condensata e in acqua si risolveranno dopo la morte“.
Per Talete (che visse a Mileto) la terra ha la forma di un disco ondulato che galleggia sul mare. L’acqua è l’elemento primordiale, origine di tutte le cose: senza acqua risulta impossibile la vita. L’acqua esiste in tre forme che sono trasformazioni dello stesso elemento: solido, liquido ed areiforme. Tutto è fatto di acqua e tutto fa ritorno all’acqua.
Perché Aristotele fa iniziare la storia della filosofia con Talete? Perché per la prima volta (per quanto in maniera elementare) Talete dà ragione di ciò che afferma e in ciò consiste il filosofare, che in primo luogo è argomentare. Talete si pose il problema di quale fosse l’origine di tutte le cose nella convinzione che dietro le tante cose (o, nel gergo della filosofia, la molteplicità) ne esistesse una più fondamentale di tutte (o, sempre nel gergo della filosofia, l’unità) capace di raccoglierle o riannodarle in unico centro.
Per primo Talete si interroga sull’origine delle tante cose che popolano il mondo. O, detto altrimenti, non dà per scontata la molteplicità e va alla ricerca dell’unità). E a tale interrogativo risponde con un esame sensoriale dei fenomeni (esplorando e osservando) che l’origine di tutto è l’acqua da cui tutto proviene e a cui tutto ritorna.
Perché l’acqua è il fattore senza il quale non può darsi la vita? Perché l’umido è l’ambito da cui nasce ogni vivente, e come i semi hanno bisogno di un terreno umido, ciò che incadaverisce si dissecca. E, poiché tutto è vivo, allora tutto ha origine dall’acqua. E’ un vero e proprio sillogismo. E’ chiaro che con “tutte le cose” il riferimento è al solo essere vivente e che l’acqua come principio di tutte le cose è da intendersi solo in senso biologico, chimico e fisico.
Come l’acqua che scorre incessante, tutto scorre anche per Anassagora, che era stato allievo di Talete, e che per primo introduce la filosofia ad Atene. Per Anassagora l’origine di tutti gli elementi è da ricercare in una molteplicità infinita di particelle di ogni elemento originario (acqua aria terra fuoco) presenti in tutte le cose in quantità costante. Questa molteplicità infinita di particelle Anassagora le chiama spermàta o semi.
Questo significa che in ogni cosa del cosmo sono presenti tutti i semi di tutte le cose, ma la specificità che rende una cosa tale è dovuta alla maggioranza del numero di semi di quella cosa precisa o (come le chiamerà Aristotele) di parti simili. La forza che permette ai semi di aggregarsi nelle cose in parti diverse e dare origine così alle diversità delle cose è ciò che Anassagora chiama nous, che potremmo tradurre con Mente o Intelletto.
Ciò che è interessante constatare (soprattutto per noi che viviamo attorno a Villa Litta) è come l’epoca del filosofare presocratico riviva – in particolare e nella fattispecie per quanto concerne l’elemento acqueo, in epoca rinascimentale con la ripresa in grande stile delle prime “filosofie della natura”.
Vitruvio scrive:
“Uno dei sette sapienti, Talete di Mileto, indicò nell’acqua il principio di ogni cosa. Questa, fecondata per effetto di concepimento che hanno le piogge del cielo, aveva generato la prole degli esseri umani e di tutte le creature viventi al mondo; ciò che era frutto della terra ritornava ad essa quando l’inevitabile legge del tempo ne imponeva il disfacimento.
Pitagora, Empedocle, Epicarmo e altri filosofi della natura sostennero che gli elementi primordiali siano quattro, aria fuoco terra acqua, che, combinandosi tra di loro secondo un modello fissato dalla natura, producono le qualità specifiche conformemente alle differenze di genere“.
Per Vitruvio senza l’energia dei quattro elementi nulla può crescere e vivere ed è per questa ragione che una mente divina ne ha reso difficile la reperibilità. L’acqua che è massimamente necessaria sia per la vita, che per il divertimento (è il caso dei giochi d’acqua del nostro Ninfeo) che per la vita di tutti i giorni è gratuita e non è mai una sola ed identica cosa: è fiume e mare, dolce e salata, nemica e amica, confine e infinito, principio e fine.
Analoga rappresentazione di quell’umido vitale che sorge in forma di vapore acqueo dal terreno di cui parlavano gli antichi filosofi naturalisti, ritroviamo in Leonardo e in tutta l’epoca del filosofare rinascimentale. Non solo l’uomo vitruviano dispone la continuità con quanto precede, ma soprattutto la passione leonardiana nei confronti dell’elemento acqueo. L’interesse di Leonardo per l’acqua e le acque sarà approfondito in una conferenza dedicata, tra l’altro, alla progettazione dei Navigli.
Qui ci interessa la riflessione vinciana in termini filosofici e la maniera in cui si trova esplicitata in alcuni dipinti, tra cui la Madonna Litta che così si chiama poiché fu ospite dell’omonima villa.
Leonardo scrive:
“Nessuna cosa nasce in loco, dove non vi sia vita sensitiva, vegetativa e razionale: (…) adunque potremo dire, la terra avere anima vegetativa, e che la sua carne sia la terra, li sua ossi sieno li ordini delle collegazioni de’ sassi, di che si compongono le montagne, il suo tenerume sono li tufi, il suo sangue sono le vene delle acque; il lago del sangue, che sta dintorno al core, è il mare oceano, il suo alitare e ‘l crescere e discrescere del sangue per li polsi, e così nella terra è il flusso e riflusso del mare, e ’l caldo dell’anima del mondo è il fuoco, ch’è infuso per la terra, e la residenza dell’anima vegetativa sono li fochi, che per diversi lochi della terra spirano in bagni e in minere di solfi e in vulcani“.
Questo passo dei Pensieri introduce alla dimensione del mondo inteso come immane sistema geologico ed idrologico in cui roccia e acqua costituiscono gli elementi cardinali che devono essere avvicinati per comprendere i segreti della natura.
Questo brano è un luogo tipico della visione del mondo rinascimentale che sempre intravede un parallelismo tra uomo e mondo (o, detto altrimenti, microcosmo e macrocosmo), ma soprattutto è la versione teorica di quello che nei dipinti di Leonardo è stato definito “il respiro della terra” e che quasi sempre compare sullo sfondo soprattutto nei ritratti di donna).
L’epoca del mito
Prima ancora dell’epoca del filosofare presocratico vi era stata l’epoca del mito entro cui medesimi tentativi di comprensione della natura erano stati compiuti, non attraverso la ragione, ma attraverso l’immaginario, producendo quelle che si chiamano cosmogonie.
Voci perenni di questa epoca sono quelle di Esiodo e di Omero, ma anche quella di Platone che, attribuendo all’acqua la forma ideale dell’icosaedro ovvero di un poliedro i cui venti lati sono triangoli equilateri, sembra appartenere più a quest’epoca che non a quella del dialogo.
E’ caratteristica di questa narrazione una ambivalenza. Quella tra il mare infecondo che nasce da un atto partenogenico (quello di Gaia che in solitudine partorisce Ponto) e il mare profondo e carico di vita che nasce da una unione tra due divinità (Gaia e Urano che generano Oceano).
Prima dell’acqua chiara e gioiosa che origina la vita, l’epoca arcaica del mito ci introduce all’acqua notturna e oscura, vischiosa, squamosa, e inafferrabile. Con sua madre Ponto genera infatti le tre divinità ctonie e tenebrose, che danno vita a loro volta a figure femminili potenti e terrifiche: Nereo padre delle cinquanta Nereidi, Forco padre di Scilla, e Taumante padre delle Arpie.
Oceano, d’altra parte genererà, con Teti solo dee e ninfe benevole e generose, custodite con amore negli abissi paterni, sorelle di altrettanti fiumi dalle correnti rumorose, tra i quali signoreggia Stige che nel suo nome evoca l’odio per gli Inferi poiché con il suo corso lambisce suo malgrado l’Ade.
Questa cupa potenza ofelizzante dell’acqua si esaurisce con la stagione olimpica e nel regno di Zeus viene ricondotta innanzitutto al seme di una divinità di segno maschile, come nel caso di Urano che insemina le acque del mare dando vita ad Afrodite “amica del sorriso”, o come nel meno noto caso di Crono le cui lacrime fanno nascere l’Oceano. E sarà proprio l’acqua mescolata al pianto a definire la potenza generativa in un cosmo regolato dall’azione divina di un principio padre di tutte le cose.
Mentre Esiodo narra che:
“Gaia generò per primo, simile a sé,
Urano stellato, che l’avvolgesse tutta d’intorno,
che fosse ai beati sede sicura per sempre.
Generò poi i monti grandi, grato soggiorno alle dee Ninfe (…)
e generò anche Ponto, il mare infecondo, di gonfiore furente,
senza prendere amore; e inoltre,
giacendo con Urano, generò Oceano dai gorghi profondi“.
Conclusione
Spero che questo breve viaggio nella storia della filosofia sia riuscito quanto meno a lasciare intravedere ciò che accade quando si compie quel rischioso passaggio dal mondo di fuori al mondo di dentro o – come altrimenti li ho definiti in apertura, dal mondo fisico al mondo etico. O anche, quello che potremmo definire – se si concepiscono i due mondi come “figure del pensiero” e modi di essere, e non solo come epoche della storia, il passaggio dall’epoca del mito all’epoca del filosofare presocratico.
Se l’orizzonte dell’immaginario è capace di generare non solo simboli (che eventualmente uniscono), ma soprattutto – e forse prima di tutto – diavoli (che sempre disgiungono), l’orizzonte della ragione sempre garantisce a chi sceglie di dimorarvi la possibilità di fare scoperte.
Collocarsi dal punto di vista della filosofia inteso come punto di vista del vivere filosoficamente significa decidere di coltivare l’arte di vivere filosoficamente che sempre è, come fu in origine l’”arte di fare scoperte”. Ma la filosofia al suo meglio non è ancora quella dei presocratici, bensì una filosofia che trascende uomo e mondo per interrogarsi sull’uomo nel mondo. O ancora meglio, su quella piccola parte di mondo che è la polis, la città.
Qui incontriamo Socrate e la riflessione sulla relazione tra mondo di dentro e mondo di fuori. Il filosofare socratico consiste nel mettere in equilibrio mondo e uomo cercando di pensarne la relazione e il suo farsi all’interno di uno spazio entro cui vivere insieme condividendone le risorse. Tra cui l’acqua, certo, ma soprattutto l’uomo per l’uomo.
Il discorso filosofico sul tema dell’acqua, quindi, non può che nascere come discorso politico, cioè a dire correlato alla polis, ed esso comincia veramente solo là dove finisce l’osservazione e comincia il dialogo.