Educazione e creatività
Testo di: Antonio Sbisà
Che cosa possiamo fare nella scuola e nella società per promuovere la creatività? Nelle condizioni attuali una risposta immediata potrebbe essere questa di Laing: «Se durante tutto il periodo degli studi i giovani venissero stimolati a mettere in dubbio i dieci comandamenti, la santità della religione rivelata, le basi del patriottismo, la legge del profitto, il bipartitismo politico, la monogamia, le leggi contro l’incesto e così via… ci sarebbe tanta di quella creatività che la società non saprebbe a che santo votarsi.» (R. D. Laing, La politica dell’esperienza).
In realtà non si può ritenere possibile un adattamento delle nostre strutture scolastiche e sociali alla promozione della creatività.
«Si chiede per esempio alla scuola di formare personalità aperte, dotazioni polivalenti e magari anche creative, come è giusto che oggi sia. Contemporaneamente però si tollera che vengano mantenuti quadri formativi di conoscenze, di comportamenti e di riferimenti ideologici che non potranno mai formare personalità del tipo sopra desiderato, per il semplice fatto che gli stessi quadri a suo tempo furono programmati e messi in opera avendo bene in vista la formazione di personalità che erano in gran parte l’opposto di quelle oggi auspicate » (A. Santoni Rugiu, L’educazione estetica).
La creatività si pone come obiettivo massimo di formazione permanente; ma l’impegno educativo quotidiano deve graduare questo obiettivo in tante successive mete intermedie, più facilmente verificabili e perseguibili. La creatività emerge nelle conversioni individuali e nei movimenti collettivi, considerati come i processi di spontanea autoregolazione dei gruppi sociali nella loro libera attività di ricerca, di apprendimento e di espansione. Gli interventi educativi e formativi devono essere in grado di percepire, individuare e stimolare ulteriormente le emergenze sociali della creatività: senza sottoporle a leggi e istituzioni, perché allora sarebbero atrofizzate, ma fornendo una pluralità di strumenti adatti al rapporto dialettico fra la ricerca della creatività e la sua effettiva realizzazione e diffusione.
L’educazione deve quindi rientrare nella vita, caratterizzarsi attraverso strutture e servizi estremamente articolati e flessibili, decentrati e quasi mimetizzati nei processi naturali e sociali di emancipazione. In questo senso gli interventi formativi si pongono come eversivi rispetto a qualsiasi organizzazione dei rapporti umani e dell’attività (nel lavoro, nel tempo libero, nelle istituzioni ed in ogni occasione) che rappresenti preoccupazioni contrarie a quelle dello sviluppo creativo di tutti gli individui. Una società educante è quella che riesce a mantenere tutte le istituzioni e le organizzazioni ad uno ‘stato nascente’, adatto a favorire l’autodeterminazione e l’emergenza di processi creativi in qualsiasi direzione.
Ciò non può avvenire con l’attuale organizzazione del lavoro. Recentemente è stata fatta una proposta (Visalberghi, Alberoni) sulla base di questa fondamentale premessa: non si possono confinare gruppi sociali ed individui a svolgere per tutta la vita lavori esecutivi ed alienati. La proposta prevede la riduzione del lavoro alienato e la sua divisione in tante minime parti attribuibili per un minimo impegno temporale a ‘tutti ‘ gli individui.’ Tutti potrebbero così poi svolgere attività creative. Ma per quanto già utopistica, questa soluzione non significa ancora il superamento della società capitalistica. L’obiettivo della creatività è ancora più esigente. Un individuo deve avere la possibilità di essere creativo in due modi diversi: come individuo, e quindi nella ricerca e nella realizzazione della propria unicità, e come partecipe del genere umano, e quindi produttore di valori e beni universali, che col segno della sua unicità devono aver la possibilità di rifluire nella società. In questo senso la progettazione formativa si caratterizza come totale sperimentazione dell’umano e si collega alle tendenze all’emancipazione.
«Il rovesciamento implica una neo-politica come ricerca reversibile e lucidamente razionale del rapporto fra politica e valori e comporta, come minimo, l’interrogarsi sulle possibilità scientifiche di un mondo non alienato. È questo sempre anche quando le affrettate sintesi culturali che emergono dai processi collettivi sprigionano balenii affascinanti e religiosi… ricerca quindi di valori che si compie nella prassi, perché altrimenti sarebbero tratti del passato, ma non si esaurisce nella prassi perché implica una decisione fra possibili che, potendo essere irreversibili, vanno non più fideisticamente affidati alla pura prassi ma, pur scaturendo da questa, vanno prefigurati e scelti in un’etica che, dal momento che il cosmo stesso è in discussione, non può che essere un’etica della sperimentazione in cui tutto è tenuto il più possibile allo stato nascente. » (F. Alberoni, Statu nascenti)
Movimenti spirituali, centri del benessere e delle psicoterapie, comunità spirituali, comunità alternative, movimenti collettivi, sindacati, enti locali ed altre forze sociali e politiche dovrebbero cercare di impostare e realizzare, attraverso la gestione sociale delle istituzioni, una progettazione sociale e formativa alternativa. Si tratta anche di andare contro delle tendenze sociali che sembrano svolgersi all’insegna della solidarietà: la scuola a tempo pieno, i centri per gli anziani. La differenza delle età ha una matrice creativa e giova a tutti: occorre riunire i bambini e gli anziani. Occorre inventare nuove forme comunitarie libere.
«Antiscuola. Un luogo per vivere inventivamente, per fare uso della fantasia a livello di comportamento e di rapporti; lavoro reale sottratto alle leggi di un’economia antisociale; preminenza del nuovo e dell’avventura; la socialità non come additivo ma come attuazione di una molteplicità di scambi in cui ci sia amicizia, simpatia, humour, e l’amore e il sesso non vengano disconosciuti. Solo in questo modo i problemi personali al di là della sfera privata non sono continuamente surrogati da presunti interessi culturali» (F. De Bartolomeis, Scuola a tempo pieno)
Si tratta di accentuare la promozione dell’esperienza, della libera sperimentazione della realtà.
«Gli interessi veri di ogni individuo sono interessi di vita, sono incentrati su problemi personali, comportamenti, spazi di attività, di cui è necessario ampliare la portata e approfondire le prospettive. Perciò la cultura si costruisce con tali interessi e problemi, prende consistenza in comportamenti che sviluppano le potenzialità, consente un continuo spostamento in avanti delle frontiere delle attività. Anche le speculazioni più ardite, i distanziamenti più drastici dell’immediatezza, il lavoro della scienza, la poesia, l’arte hanno il loro centro nella vitalità, mobilitano energie profonde, richiedono la partecipazione dell’inconscio» (F. De Bartolomeis)
Oltre alla libera esperienza abbiamo ricordato l’esigenza della formazione della coscienza storica e sociale. La progettazione educativa deve cercare di riconoscere in concreto le forme di condizionamento della coscienza, e quindi le diverse modalità della soggettività dei gruppi sociali. Si tratta qui di fare riferimento alla creatività come trasformazione del mondo nel momento della presa di coscienza e della progettazione. Sono indispensabili sia l’autogestione dei gruppi che il contributo delle scienze umane e della spiritualità. La preoccupazione dominante sarà quello di mediare dialetticamente il linguaggio spontaneo dei diversi gruppi ed il linguaggio formale delle scienze.
Una delle vie è quella dello sviluppo sensoriale, il contesto è la lotta di classe: potremmo dire oggi una forma di lotta sociale che permetta l’effettiva e radicale trasformazione della società.
«La creatività può essere infatti conquistata e distribuita fra i giovani cittadini in formazione, così come agli altri meno giovani ma sempre in formazione, solo come frutto della lotta di classe. Finché dura il dominio del capitalismo, la creatività artistica, scientifica, tecnica e sociale sarà solo un falso scopo, un alibi ideologico e un privilegio per pochi privilegiati nell’ambito dei privilegiati. Certo, la fine del capitalismo non è dietro l’angolo; probabilmente è al fondo di una strada tortuosa, lunga e costellata di imboscate. Per avanzare, bisogna lottare, qualche volta conquistare il terreno palmo a palmo. Ma anche per questo c’è bisogno di creatività. Anche per questo deve nascere l’impegno di creare ‘sensi capaci’ nelle nuove generazioni, capaci di arricchire le proprie possibilità di lotta e di affermazione, capaci di liberarsi e di liberare il più possibile, per quanto il cammino possa essere lungo.» (A. Santoni Rugiu, L’educazione estetica)
Diciamo oggi una lotta sociale che non si limita all’obiettivo del mutamento dei rapporti di produzione e di potere, ma che va inserita nel più complesso ed intrecciato contesto dei movimenti collettivi, per tradursi, insieme ad essi, nella rivoluzione della vita quotidiana.
I partecipanti a questi corsi potrebbero domandarsi, ma dove sono questi movimenti collettivi oggi? Senza dubbio la crisi diventa sempre più grave e pesante. Sembra alle volte che sia solo la natura oggi ad inviare segnali di pericolo. L’enigma contemporaneo è rappresentato dalla possibilità che i vasti movimenti psicoterapeutici e spirituali che esistono, si trasformino in movimenti sociali collettivi tesi alla trasformazione globale, olistica, della condizione umana.