Trovarsi, perdersi, ri-trovarsi
Testo di: Anna Fata
La nostra vita è un continuo susseguirsi di distacchi, separazioni, saluti. Il fatto che siano, almeno nelle intenzioni, provvisori o definitivi o solo un’apparenza frutto di una nostra illusione: chi ci garantisce che sarà per sempre, o all’opposto, che vi sarà un’latra occasione? In ogni caso, almeno a livello ontologico, ciascun saluto, in virtù della sua unicità, è comunque ‘per sempre’.
Ci congediamo al mattino dai nostri cari, ci ritroviamo alla sera, salutiamo i vicini di casa, il panettiere, il giornalaio, con l’idea che tra un certo numero di ore ci si ri-troverà, cioè ci si troverà di nuovo, nonché rinnovati in seguito agli inevitabili mutamenti a cui incessantemente siamo sottoposti.
Tutto sembra scontato, poco degno della nostra attenzione, della nostra presenza psicofisica. Un bacio distratto, un ‘ciao’, un cenno del capo, più come abitudini, gesti automatici, che non gesti realmente pregni di valore e di significato. Basti pensare a come i saluti sono diversi quando ci accingiamo a partire per un viaggio: molta più passione, coinvolgimento, emozione e ponderazione di ogni gesto e parola.
Tutto questo finché le cose filano lisce, secondo programma e aspettative. Quando il meccanismo, per qualche motivo, s’inceppa, quando non abbiamo più l’opportunità di ri-trovarci, di ripetere il copione, qualcosa in noi si risveglia e, a volte, si tratta di un ridestarsi immediato, improvviso, traumatico. D’improvviso ci rendiamo conto per contrasto di quel che avevamo e che abbiamo perso, di cui forse avevamo smarrito il valore. Un valore talvolta così grande, così rilevante al punto che non potevamo ri-conoscerlo perché se qualcosa fosse accaduto ci saremmo trovati anche di fronte il rischio, il timore dati dalla consapevolezza di perdere tutto ciò. E questo ci avrebbe fatti sentire fragili, indifesi, in balia degli eventi, incapaci di controllare e di prevedere tutto.
Riconoscere l’importanza che una persona riveste per noi e la relazione che intratteniamo con lei rappresenta una delle maggiori fonti di felicità: che forse nel mancato riconoscimento vi possa essere anche in parte una negazione del diritto alla propria felicità (e forse così anche a quella altrui)?
All’estremo opposto, per certi versi, si colloca l’assenza del saluto: vi sono persone che sistematicamente evitano di onorare il commiato, se ne vanno furtivamente, come se fossero dei ladri. Cosa stanno sottraendo? Non offrono all’altro la possibilità di sospendere momentaneamente il legame, lo lasciano aperto e concedono a loro volta a se stesi di fare altrettanto. Tengono una porta socchiusa.
L’altro resta legato, sospeso, in attesa.
E’ quasi un tentativo disperato di voler ricominciare esattamente da dove si era interrotto. Ma questo di fatto è impossibile. La vita è composta da tanti piccoli commiati, e non solo i saluti ai propri cari ad inizio e fine giornata, ma anche di piccoli distacchi e allontanamenti che possono preludere a separazioni più profonde e definitive. Prendiamo ad esempio un rapporto di coppia: è rarissimo che vi sia un taglio netto, improvviso, realmente inspiegabile. Di solito uno dei due, senza che l’altro sia stato sufficientemente attento a cogliere i segnali più sottili, si allontana gradualmente, con piccoli moti reali, ma ancor più simbolici, interiori, cominciando a reinvestire su di sé le energie, trovando nuovi spazi, risorse, interessi, persone a cui dedicarsi.
Per fare un paragone: è quel che accade ad una corda da imbarcazione, composta da numerosi fili e intrecci, ogni tanto se ne infrange uno.
Esistono dei legami che più che rompersi si allentano, oppure si modificano. E’ il caso, ad esempio, di quelli figli-genitori. E’ necessario fare spazio dentro di sé per aprirsi a persone nuove e ancor più ad un partner. Se questo non accade, si ritorna costantemente indietro all’immagine del genitore del sesso opposto al proprio e alla relazione con esso come modello per le successive. Si è condannati alla ripetizione.
Infrangere legami, allentarli, sospenderli, riprenderli non è facile, richiede una flessibilità notevole, una capacità di rinegoziare spazi, tempi, modi, che riguardano prima di tutto l’interiorità, ma che è indispensabile per una sana vita affettiva.