Sportbodyworks e Fisioterapia sportiva
Testo di: Maurizio Ronchi
Lo spunto per questo scritto mi è venuto durante la lettura dell’eccellente articolo “Integratori alimentari a base vegetale” a cura del Dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione del Ministero della Salute (1). Nella parte iniziale si evidenzia in modo chiaro la differenze tra le sostanze medicinali e non per uso sportivo, come appunto l’oggetto dell’articolo. La forma usata per diversificare le due tipologie di prodotti, quelli medicali e gli integratori, mi è sembrata avere una certa assonanza rapportandola ai trattamenti di fisioterapia sportiva e gli sportbodyworks non terapeutici. Un breve incipit al concetto di Bodyworks e dell’operatore Bodyworker, dato che in Italia non è ancora ben conosciuto.
I bodyworker
Nei paesi anglosassoni tutti i trattamenti manuali che si eseguono sul corpo di una persona, massaggi, manipolazioni, mobilizzazioni, stretching e taping, sono definiti bodyworks; il bodyworker è l’operatore che, in base alla propria esperienza, sa eseguire e gestire tutte queste manualità. Quando queste sono applicate e modulate su di un atleta si definiscono Sportbodyworks. I bodyworks possono avere la finalità del wellness, ovvero il benessere e il relax per la persona, o di fitness, come trattamento di supporto alla preparazione fisico-atletica e al recupero nel dopo prestazione-allenamento per lo sportivo. I trattamenti di sportbodyworks non sono medicali: per questo motivo devono essere privi di qualunque finalità terapeutica e vanno considerati protocolli integrativi con la sola finalità salutistica. Non sostituiscono i precisi protocolli medico-sportivo o fisioterapici, ma, con il consenso di questi specialisti, possono essere impiegati come supporto in alcune condizioni specifiche, apportando alcune manualità essenziali per coadiuvare un processo fisiologico durante l’iter di rehab sportivo di un atleta infortunato. La mia esperienza di collaborazione ultraventennale con gli specialisti del settore rehab sportivo (medici, ortopedici, fisioterapisti, posturologici, kinesiologi ecc), mi ha insegnato e chiarito un punto fermo: per ottenere la massima efficacia e i migliori risultati possibili su di un atleta in fase di recupero, il programma di lavoro da svolgere deve essere assolutamente sinergico tra le diverse figure professionali, compreso il massaggiatore non medicale o sportbodyworker, come il sottoscritto.
Lo sportbodyworker non terapista, diviene parte integrante dello staff medico e aiuta l’atleta nello svolgimento dei programmi composti dai tipici esercizi che il medico sportivo o il fisioterapista consigliano di eseguire autonomamente, una volta terminata la delicata fase terapeutica, come conclusione del percorso di riatletizzazione.
Mi preme, per correttezza e trasparenza, ribadire che i lavori di sportbodyworks hanno lo scopo di essere integrativi e coadiuvanti, ma ovviamente e per nessuna ragione, mai sostitutivi dei protocolli medico-riabilitativi o fisioterapici.
È bene chiarire da subito, e sempre, la netta distinzione tra l’operatore sanitario in possesso di laurea o dottorato specialistico, abilitato ai compiti di diagnostica clinica, alla terapia, alla prescrizione farmacologia ecc., e l’operatore che ha seguito un percorso di studio differente, non ancora riconosciuto e regolamentato, che opera in sinergia con le figure precedenti, pur rimanendo nel proprio campo salutistico integrativo, ma non terapeutico.
L’occasione mi spinge a sollecitare a tal proposito una presa di posizione legislativa certa e soprattutto meno nebulosa di quella vigente, da parte delle autorità competenti, dal momento che, dal punto di vista fiscale, noi operatori olistici delle professioni alternative siamo ben riconosciuti; allo stesso modo mi preme anche suggerire, a questa figura professionale non regolamentata, di operare esclusivamente e solo nel campo salutistico di wellness e fitness: mai sconfinare per deliri di onnipotenza nelle aree di competenza ben definite e riservate solo agli operatori medico-terapeutici e riabilitativi, i soli abilitati ai protocolli sanitari di rehab. Saper diagnosticare un problema non vuol dire necessariamente essere in grado di trovarne la soluzione e di sapervi porre rimedio: per questo è fondamentale rimandare sempre al medico curante. Diagnostica e terapia sono di altrui competenza: chi non rispetta questi confini scredita la parte sana, seria e competente di noi professionisti non convenzionali.
È anche per questo motivo che da anni noi tutti auspichiamo una rapida e chiara soluzione per tutti gli operatori olistici tramite le numerose richieste, come la Proposta di Legge “Disposizioni in materia di professioni non regolamentate” del 15 luglio 2008, presentata al Parlamento.
Il problema è stato sollevato più volte anche livello internazionale: cito ad esempio i numerosi lavori in merito a trattamenti e terapie non convenzionali pubblicati su Alternative Medicine, o l’iniziativa del prestigioso British Medical Journal che da un decennio ha avviato la pubblicazione sistematica di studi e ricerche eseguite dalle cosiddette medicine non convenzionali (2). Questo ha dato il via a un prolifico e serio contributo alla ricerca scientifica, che ha fatto uscire questi trattamenti alternativi uscire da quella semi-clandestinità cui eravano relegati e aprendo un franco e chiaro dibattito approfondito, e con la medicina ufficiale e con le Istituzioni pubbliche (3).
Serve subito una legislazione in merito: vogliamo essere ben distinti da ciarlatani, guru e santoni che si mescolano con noi seri e preparati professionisti olistici, operatori di discipline non regolamentate, in possesso di certificati e attestati che, pur non essendo in Italia ufficialmente riconosciuti, fanno parte di un percorso formativo eseguito presso serie scuole e associazioni riconosciute da Enti ufficiali e Comitati dello Stato A validare la serietà di queste attività didattico-propedeutiche è il corpo decente, costituito da illustri professionisti sanitari e del settore sport rehab.
Lavorare insieme
Mettiamo a disposizione il nostro knowhow e la nostra fine tecnica manuale come compound, in un gruppo di lavoro sinergico fatto dalle varie figure professionali del settore rehab al servizio dell’atleta, ritagliandoci e condividendo il nostro spazio nel pieno rispetto delle regole. Da oltre vent’anni sperimento la positiva e costruttiva collaborazione con i professionisti sanitari in ambito sportivo: la nostra capacità e preparazione, il rispetto del ruolo, il continuo studio e gli aggiornamenti costanti, sono il biglietto da visita di noi bodyworker operatori non convenzionali, per poter essere considerati e diventare collaboratori di queste insostituibili figure professionali.
La mia esperienza viene ancora in aiuto a tal proposito, riconoscendo alcuni limiti che sussistono nella preparazione dei futuri operatori di rehab, come lo scarso utilizzo di specifiche manualità o tecniche di massaggio o di bodyworks in generale: sul piano dell’uso delle tecniche manuali, massaggio, scollamento mio-fasciale, drenaggio, mobilizzazione articolare, taping, lo sportbodyworker possiede una maggior dimestichezza nell’utilizzo delle mani rispetto al classico terapista. Purtroppo, nel suo percorso formativo, la parte didattica dell’apprendimento delle tecniche di base per l’utilizzo delle mani come strumento di lavoro e, cosa importantissima, di ascolto, è davvero limitato per via dell’impegno richiesto per le altre materie di studio del corso di laurea. Da alcuni anni laureandi e laureati in questo settore si rivolgono a me per poter svolgere un periodo di praticantato in sportbodyworks (ovviamente gratuito): tanti giovani terapisti che hanno passato con me qualche mese, e che hanno migliorato la loro efficacia nel fare terapia fisica integrandola con gli sportbodyworks, avendo imparato a usare le mani come un ulteriore strumento di lavoro. Questo fa anche capire come il rapporto tra terapista sportivo e sportbodyworker sia univoco, ovvero un terapista può divenire anche un buon massaggiatore, ma un bodyworker olistico non potrà diventare un terapista, se non attraverso il percorso universitario. Sono orgoglioso di come stiamo lavorando bene, con il mio staff medico, a favore di tutto il movimento di giovani e meno giovani che giocano o si allenano nelle varie squadre del Seregno Rugby: un lavoro di équipe che vede lo sportbodyworker, professionista non convenzionale, affiancato alle figure professionali canoniche (medico osteopata, gnatologo-posturologo, ortopedico, fisioterapista, kinesiologo, scienze motorie e preparatore atletico), tutti in sinergia per il lavoro mirato di prevenzione e riatletizzazione.
Tutta l’attività di prevenzione e recupero da infortunio svolto dallo staff medico e tecnico, sarà il tema di una prossima pubblicazione e questo, per noi professionisti non regolamentati, è motivo di orgoglio, così come lo sono i risultati e le soddisfazioni professionali che riceviamo dai nostri atleti e clienti, o come la continua richiesta di partecipazione a stage di sportbodyworks presso lo staff medico del Seregno Rugby. Umiltà, preparazione e rispetto delle altrui competenze, ci possono dare grandi soddisfazioni e la possibilità di collaborare con altre figure professionali per continuare a crescere in questo appassionante settore sportivo.
Concludo rivolgendomi alle associazioni, agli enti e ai comitati istituzionali, per una presa di visione del nostro lavoro professionale, non antagonista a quella ufficiale, ma integrante e sinergico: possiamo dare molto di più insieme, trovando una formula più consona alle istituzioni. Per quanto riguarda noi massaggiatori e sportbodyworkers, sarebbe sufficiente posporre alle parole che definiscono la nostra professione il termine “non terapista”, ed essere così finalmente riconosciuti nei nostri ambiti, nei nostri limiti.
Riferimenti
(1) Valeria DI GIORGI GEREVINI, Roberto COPPARONI, Stefania DALFRÀ,
Massimo LEONARDI e Lucia GUIDARELLI: Integratori alimentari a base vegetale – Ann Ist Super Sanità 2005;41(1):55-59
(2) An ABC of complementary medicine: a new down – 1999, Br. Med. J. 319(7211): 693-696
(3) Roberto Raschetti, Giorgio Bignami : Una riflessione multidisciplinare sul fenomeno “ Terapie non Convenzionali”- Ann. Ist. Super. Sanità, vol. 35, n.4 (1999). pp 477-478