Oltre la psicologia. Un cammino spirituale per i tempi moderni
Testo di: Florinda Balli
La psicologia junghiana è considerata da molti una via verso la spiritualità. Jung stesso è visto come colui che ha riportato il sacro nella visione dell’uomo moderno. Questa tesi è messa in discussione da un analista junghiano, il milanese Augusto Vitale, autore di vari libri tra cui un commento al Tè Tao Ching e Solve Coagula un commento all’antico testo alchemico intitolato Rosarium Philosophorum. Augusto Vitale propone un ulteriore passaggio, rispetto all’individuazione junghiana, un passaggio che porta allo spirito.
– Dottor Vitale, lei non è del tutto d’accordo con la tesi secondo cui Jung ha unito psicanalisi e ricerca spirituale. Per quale motivo?
Nella sua ricerca Jung si è attenuto rigorosamente al regno dell’anima, a questa riportando tutte le facoltà e aspettative “spirituali” dell’uomo; considerava infatti l’aspetto spirituale, che chiamava metafisica, fuori della possibilità empirica e scientifica, alla quale, da medico ed empirico, voleva rimanere fedele. La sua ricerca sulla psiche o anima è e resta di inestimabile valore, sopravanzando di molto per il suo carattere creativo la concezione freudiana dell’inconscio, molto riduttiva e ideologica.
– Ci sono prove di questo atteggiamento da parte di Jung? Lei parla ad esempio del fatto che non ha commentato la seconda parte del Rosarium Philosophorum di cui ha esaminato invece la prima parte nella sua ricerca sull’alchimia.
Le prove di quanto dico sopra sono evidenti, macroscopica la evitazione da parte di Jung di commentare, e anche il tacerne l’esistenza, della seconda serie di illustrazioni del Rosarium Philosophorum, la parte spirituale; alla fine della sua vita sembra che Jung riconoscesse che la vita spirituale appartiene ad una dimensione diversa rispetto alla psiche; essa implica una ricerca conscia e uno smantellamento proprio della “individuazione”. Tutti i mistici, orientali e occidentali, concordano su questo, e la mistica è la via dello spirito. All’inizio del novecento la mistica non era considerata dalla scienza una cosa seria, in ciò Jung apparteneva alla sua epoca. Oggi non c’è più quel pregiudizio.
– Oggi l’uomo sente un maggior bisogno di religiosità?
La religiosità tradizionale nostra, il Cristianesimo, è sempre stata considerata dalla Chiesa come il rapporto con un Dio che non fa parte dell’umanità: un Dio superuranio, unito all’uomo solo nell’unico uomo-dio anch’esso separato dal comune mortale. Quindi l’uomo si trovava in un atteggiamento di ubbidienza necessaria attraverso la verità rivelata. Questo atteggiamento è stato via via superato così che gli esseri umani hanno cercato una loro autonomia. Oggi, passato il periodo dell’arroganza scientista, stiamo cominciando a vagare in ricerca; non ci sono molte possibilità di rapporto con il sacro, se questo è considerato “totalmente altro” rispetto a noi stessi.
La Chiesa ha fondato una organizzazione e acquistato un grande potere, diffuso capillarmente, ma ora è in decadenza perché parla all’umanità di oggi come parlava a quella di duemila anni fa. Se l’eterno non muta, muta l’uomo e le sue facoltà di apprendere. Sta sorgendo oggi la sensazione che l’esigenza religiosa è fortissima ma che non trova nessun supporto e fondamento, salvo in qualche mistico illuminato che sta cercando un nuovo modo di rapportarsi al sacro.
– Quale potrebbe essere questo nuovo modo?
Abbiamo visto la fecondità che si è dimostrata se si unisce il cristianesimo con le filosofie orientali quali l’induismo. Uno dei rappresentanti di questa corrente, ancora molto attivo anche se avanti con gli anni, è Raimon Panikkar. Si tratta di valorizzare certe facoltà della nostra persona che si avvalgono più dell’intuizione e del sentimento che della ragione; i teologi cristiani, da Sant’Agostino in avanti, sono molto razionali.
Dobbiamo poter recuperare la sacralità della vita che non è un fatto biochimico, ma un mistero insondabile insito nella coscienza umana. Ogni tanto i giornali ci annunciano con grande enfasi che è stata finalmente scoperta l’origine della vita: in realtà si tratta della scoperta di qualche infinitesimale proprietà biologica, che dovrebbe semmai aumentare la nostra meraviglia e non mai rispondere al nostro bisogno che la vita abbia un senso.
– L’origine della vita è spirituale?
È spirituale e per accedervi dobbiamo usare una modalità di meditazione, ponendo le domande e ascoltando le risposte che nascono dentro di noi, spogliandoci delle modalità della vita pratica e anche della razionalità, del ragionamento logico e usando quelle facoltà alle quali ricorrevano sicuramente tutti i fondatori delle religioni, anche i Padri della Chiesa cristiana con i loro dogmi e le loro rivelazioni. Ma per fare questo dobbiamo liberarci di tutti i preconcetti e pregiudizi, questo è essenziale per purificare la mente che in quel momento diventa un puro ascolto, puro sguardo.
– Noi non siamo dio e Dio non è fuori di noi. Come si concilia questo secondo lei?
Con la riscoperta attraverso la meditazione delle origini del dogma della Trinità. La Chiesa lo considera un mistero, ma possiamo scoprire questa Trinità dentro di noi se consideriamo l’essere umano come la presenza del mistero. Ciò è possibile se si recupera il mistero della nostra natura e se si guarda l’essere umano senza più considerarlo né come oggetto di interesse scientifico, né come presenza ovvia e quotidiana.
Se guardiamo la preziosità che si scopre, quando si perde la boria dell’intelletto, ad esempio nella nostra funzione sensoriale e nella coscienza: sono dei miracoli quotidiani che ci sembrano ovvi e scontati e che invece sono delle presenze infinitamente più complesse ed elevate delle nostre piccole e modestissime possibilità razionali e intellettuali. Quindi questa presenza, che in modo antinomico e paradossale è nello stesso tempo ciò che ci è più vicino e anche la cosa più misteriosa, porta l’impronta di una facoltà assolutamente al di sopra delle nostre possibilità.
Però questa impronta noi la vediamo anche nel nostro stesso essere umano e questo è il paradosso per cui noi siamo nello stesso tempo la creatura che scopre che la sua struttura è miracolosa, misteriosa proprio nella misura in cui è trascendente. Abbiamo quindi questa coesistenza di una presenza di proprietà della nostra individualità, la quale però è anche la presenza dell’impronta di un essere più grande, più vasto, quasi alla fine inconcepibile, ma che non ci è estranea perché è la parte che alla fine ci ha generato, creato a sua immagine e che pertanto si può anche chiamare Padre. Da questa possibilità di chiamarlo padre e da questo sentirsi figlio nasce uno straordinario sentimento d’amore che è amore del creatore verso la sua creatura, ma anche dell’essere umano verso il suo creatore, verso questo architetto che ha reso possibile la vita.
Fra il Padre e il Figlio si crea una fortissima corrente di energia che è amore, bellezza e che è ciò che potremmo chiamare Spirito Santo. Ed ecco che si riscopre nell’uomo questa Trinità che si proiettava su Dio e quindi possiamo viverla in noi stessi. Questo amore trinitario può colmare l’uomo non solo di una grande serenità, ma anche di una grande fraternità con gli altri.
– Come possiamo portare avanti questo riconoscimento del mistero dentro di noi, questo passaggio spirituale, visto che non ha più nulla a che fare con un processo psicologico?
Non è più psicologico, ma anche nell’inconscio, ossia in una funzione psichica, compaiono a volte, come fossero desideri, anticipazioni dell’anima, ciò che anche Jung chiamava sogni archetipici, cioè immagini intrise di simbolismo e cariche di significato che sfugge alla comprensione immediata. Questi sogni archetipici, in antico venivano considerati messaggi angelici, vanno guardati nella meditazione, perché contengono verità.
La religione ci insegna che la Vergine ha concepito Gesù per opera dello Spirito Santo, allo stesso modo si può dire che nella nostra anima che ama, che desidera lo spirito, nasce un presentimento, un indirizzo che ci può portare a scoprire dei sentieri che potenzialmente sono già presenti dentro di noi, ma non esplorati. Quindi questi suggerimenti dell’anima possono portarci a scoprire una via che risponda alle esigenze dell’uomo di oggi.
– Come si arriva a questo passaggio?
È la via mistica, una ricca e preziosa tradizione occidentale e orientale, colma di insegnamenti e suggerimenti pratici; è una via dell’esperienza, nella quale tutti coloro che vi si avventurano concordano. Strumenti fondamentali sono la meditazione e la contemplazione.
– Tutti possono arrivarci?
Tutti coloro che si chiedono il senso dell’esistenza e che non riescono ad accontentarsi delle risposte del pensiero filosofico, o delle risposte scientifiche, o del così detto buon senso pratico. Per tutti questi la via è aperta.
– Questa epoca è particolarmente pronta per compiere un lavoro come quello prospettato nell’opera alchemica spirituale?
Si potrebbe dire al contrario che è particolarmente non pronta, troppe oggi sono le possibilità di illusione e di distrazione. Ma se consideriamo che per molti la nostra epoca ha toccato il fondo della mancanza di senso, allora questa diventa disposizione favorevole a cercare la via spirituale. E come ho appena detto, la via si apre a tutti coloro che la cercano.