Le cose dell’amore
Testo di: Manuela Racci
L’amore ci denuda da ogni pretesa di immobilità, permanenza, posatezza… percorrere le sue vie e addentrarsi nelle trame del suo mistero richiede di abbandonare ogni ragione, per fare esperienza di quanto non è possibile concepire a parole.
Scrive Platone: “Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l’uno dall’altro: non si può certo credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una passione così ardente a essere insieme.E’ allora evidente che l’anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire e perciò la esprime con vaghi presagi, come divinando da un fondo enigmatico e buio.“…
L’ Amore dunque appartiene all’enigma e l’enigma alla follia(Galimberti), ma la follia intesa come arte mantica della divinazione che porta a recuperare la parte vera di sé. Gli dei, scrive Platone, sono dentro di noi e dunque la loro follia ci abita, per cui ogni volta che abbiamo a che fare con l’Amore, se non siamo uomini comuni, sappiamo di avere a che fare con questa follia.
L’ amore allora è attraversamento, spalancamento sul mistero, cui si può accedere solo con la capitolazione dell’Io, roccaforte della razionalità, che si arrende al passaggio di Amore… è una sorta di rottura di sé perché l’altro ci attraversi, perché spezzi e alteri la nostra identità, squilibrandola nelle sue difese. L’altro, nel suo essere clessidra aperta tra cielo e terra, ci incrina, ci espone, perché l’Amore vero non protegge, ma espone perché accada la vita, consentendoci di andare oltre per essere altro…
Innamorarsi è entrare in contatto con la nostra parte più divina, quella più vera, quella più saggia da cui troppo spesso prendiamo congedo… L’altro ci completa non tanto riempiendo un vuoto quanto tirando fuori il nostro vero io, facendoci partorire, come una socratica balia, la nostra vera natura.
Amore, dice Socrate, è figlio di Penìa, dea della povertà – desidera, quindi desidera, cerca – e di Poròs, dio del possesso, dell’acquisto, della presa… Ecco perché cerchiamo in un anelito senza posa l’altro… la nostra metà, poiché l’amore è desiderio, mancanza di qualcosa che ci appartiene da sempre, bisogno di ripristinare la primigenia divina pienezza, quell’unità assoluta che abbiamo perso attraverso una dolorosa lacerazione inferta da Giove per punizione della nostra tracotanza… e da un tutt ‘uno che eravamo, fummo divisi a metà…
Ecco allora il sogno di ogni essere umano: riunire i due profili della stessa anima… e così varcare una soglia che ha il dolce e trepidante sapore del non-ritorno all’inautenticità dell’esistenza… si sprigiona un tale magnetismo d’amore da riunire il cielo con la terra, all’improvviso memori di una arcaica natura divina e di un paradiso perduto… ogni volta che due anime gemelle si ritrovano dopo tanto peregrinare, spinte da un anelito mai pago, si verifica una sorta di miracolo cosmico, un’esplosione di magica energia… così rara l’esperienza gemellare diceva già Platone da costituire qualcosa di sacro, uno squadernarsi del libro universale che conduce le due anime ricongiunte alle più alte vette metafisiche, oltre i sentieri interrotti, su, su a inerpicarsi per le volte celesti fino a pascersi delle visioni divine… é l’esperienza unica dell’estasi, dell’entusiasmòs greco, la magia dell’acqua che si unisce alla potenza del fuoco senza estinguerlo… ineffabile e inebriante è la felicità provata, nell’illusione di sfiorare Dio per assopirsi poi tra le braccia di un angelo… ebbri d’amore, ebbri di infinito…
L’amore è dunque una meravigliosa follia, poichè è brama del sovrannaturale: la bellezza di un corpo rimanda alla bellezza dell’anima che a sua volta eleva alla bellezza divina… L’amore come segno analogico dell’esperienza divina, primo moto di un turbamento che rimanda alle radici più profonde dell’esistenza, al rapporto del singolo con la Verità, con l’Assoluto…
L’amore, colui che salva dalla morte – a-mors, senza morte – è allora la Filosofia, poichè solo l’amore conosce veramente… è la sublime esperienza delle nozze sacre, in virtù delle quali ogni uomo, risvegliato, si apre al futuro con speranza, in accordo con l’energia cosmica, in ascolto d’amore, senza paura di un ignoto minaccioso che sembra soverchiarlo…
Fare dell’Amore il proprio comandamento – Ama l’Amore, diceva Agostino – significa aprire le braccia alla piena della vita, significa accoglienza, gratuità, accettazione, significa impedire che la propria esistenza diventi cosa posata tra le cose, affinché essa abbia invece il rilancio dell’ulteriorità…