Il Limone
Testo di: Alessandra Sordi
Scrivere del limone… più facile a dirsi che a farsi…, del frutto delle Esperidi, cantato dai raffinati poeti arabi per primi, amato come un Dio dai romani, cibo dei Crociati, adorato dai pittori rinascimentali e moderni, esaltato dagli scrittori e dai poeti, simbolo di eternità per i mistici, del limone è stato praticamente detto tutto. E allora??
Allora visto che fa molto moda parlare di piante esotiche, ogni tanto è bene porre un po’ di attenzione anche alle piante “di casa nostra” per informare in sintesi, per dire quello che i nostri avi ci hanno tramandato, mito e leggenda, verità e distorsioni della verità, chimica e cucina…
E se chi scrive non è nato nella terra dei limoni… non vi fate ingannare: l’opera più monumentale, più completa sugli agrumi del passato fu scritta da un prete gesuita senese, il Ferrarius che, in quattro libri, descrisse la mitologia, la storia, la raffigurazione dettagliata e completa degli agrumi.
Ovviamente con le dovute proporzioni!
Il mito, le origini, la storia
Nei giardini di Babilonia ci dovevano essere degli splendidi alberi di limoni, portati, sembra, dalla lontana India, dai contrafforti dell’Himalaya, dove crescevano spontanei. Infatti in recenti scavi in Pakistan è stato trovato, nella zona di Mohenjo Daro, uno splendido orecchino ad inequivocabile forma di limone. Teofrasto di Iresia, greco e botanico del VI-III secolo a.C. lo chiamò pomo della Media ed uno dei primi nomi botanici del limone è stato Citrus medica = proveniente dalla Media. Gli Ebrei lo citano nel Levitico dove viene chiamato albero della purezza o albero della vita per il suo essere sempre splendidamente verde e furono i primi che ne iniziarono la coltivazione sistematica.
Nella mitologia greca venne assimilato ai frutti dorati delle Esperidi. Poi ci fu la conquista romana dell’Oriente ed insieme alla cultura e mitologia greca, i romani portarono a casa i dorati frutti dei limoni. Secondo le leggende greco-romane, i frutti degli agrumi rappresentavano la dote di Era (Giunone), sposa di Zeus (Giove), che, geloso del loro splendore, li custodì in un meraviglioso giardino, situato ai confini del mondo, ad occidente, dove il sole muore ogni giorno e dove vivevano le ninfe Esperidi. Le Esperidi, le tre sorelle, Aegle per il cedro, Aretusa per il limone, Hesperetusa per l’arancio erano le ninfe che custodivano i “ pomi d’oro” e che Ercole, in una delle sue fatiche, rubò dal giardino e portò agli uomini. I romani lo tenevano in grande considerazione sia per la bellezza (e lo coltivavano nei loro splendidi giardini), sia per le innumerevoli proprietà. Nella “Casa del Frutteto”, nella Pompei archeologica, sono raffigurate delle inequivocabili piante di limoni.
Con la caduta dell’impero romano il limone fu praticamente dimenticato e toccò agli Arabi riportare gli agrumi nelle terre da loro conquistate, principalmente la Sicilia e l’Andalusia: la loro conoscenza derivava dagli antenati ebrei e prima ancora dai persiani. Nacque così una scienza degli agrumi e la loro coltivazione, l’irrigazione, le potature, gli innesti e le numerose varietà che ne scaturirono. Con l’avvento delle Repubbliche marinare, Amalfi principalmente portò i frutti degli agrumi, insieme agli altri prodotti tipici del Mediterraneo, fino nelle più lontane zone toccate dai commerci. Infatti circa nell’XI secolo i Crociati introdussero in Italia meridionale (costiera Amalfitana e Sicilia) la coltivazione e l’innesto di una varietà di piccoli limoni ed il loro uso in ricette che ancora oggi sono cibo quotidiano degli abitanti del luogo: il sorbetto di limone, l’insalata di fette di limoni ed aranci condita con olio e sale, la cedrata, ecc.
La scuola Salernitana poi, dette indicazioni terapeutiche e mediche sui limoni, rimedi che spaziavano dalla cura per le dissenterie a quella dello scorbuto. Nel Rinascimento la scorza, le foglie ed i fiori dei limoni e degli aranci fornirono la base per distillare profumi ed essenze. Gli spagnoli ed i missionari lo introdussero nelle Americhe: veniva portato a bordo delle navi per prevenire lo scorbuto. La scoperta data al XV secolo. Lo scorbuto, una malattia gravissima, causata dalla carenza di vitamina C, era caratterizzata dalla comparsa di emorragie in tutto il corpo, sempre più gravi, dalla caduta repentina dei denti, da forti dolori ai muscoli e, nella sua forma più grave portava alla morte, specialmente i naviganti che si cibavano per lunghi periodi esclusivamente di farine, gallette, carni salate e conservate.
Nel XVII-XVIII secolo l’esportazione verso i paesi del Nord era vivissima e un buon guadagno per i produttori italiani.
Oggi, nei luoghi a clima temperato, il limone viene coltivato in tutto il mondo con le sue numerosissime varietà, dal Femminello siciliano allo Sfusato amalfitano, che trovano in queste splendide zone italiane il loro habitat ideale e naturale.
La pianta
Nel genere Citrus limonum (Citrus limon, Citrus medica, varietà limonium, Citrus limonia come sinonimi) della famiglia delle Rutacee, sono comprese molte varietà. La forma è di piccolo albero alto fino a 4-5 metri, a corteccia liscia di colore grigio-bruno, chioma tondeggiante e con foglie sempreverdi, lucide, di un bel verde intenso, ma le foglie molto giovani sono di colore bruno-violaceo; la pagina superiore è verde lucente, quella inferiore è opaca, punteggiata da piccole ghiandole contenenti un olio fortemente odoroso. I fiori sono bianco-rosa a cinque lobi, profumatissimi (zagare). Il frutto viene chiamato esperidio: la buccia, in termini botanici, si chiama epicarpo (cioè “esterno”) ed è la parte che contiene l’olio essenziale, la parte bianca sottostante mesocarpo (cioè in “mezzo”) e gli spicchi sugosi, da sei a dodici, endocarpo ( cioè “ interno”), con 2-8 semi per spicchio. La pianta è del tipo a vegetazione continua ed i frutti maturano tutto l’anno. Infatti lo splendido albero del limone presenta, nel verde cupo del fogliame, sia i fiori bianchi e porpora che i frutti pallido-dorati.
Sono molte e pregiate le varietà dei limoni amalfitani e siciliani che hanno il loro naturale compimento nella cucina e nella preparazione di liquori. In epoca di cloni e di alimenti, sia vegetali che animali, contaminati da pesticidi, virus poco noti ecc. i limoni coltivati secondo le tecniche antiche rappresentano uno dei pochi alimenti completamente naturali: vengono concimati una sola volta l’anno con concimi rigorosamente organici, cioè stallatico e letame ovino e caprino. Per i necessari trattamenti antiparassitari vengono usati oli minerali, solfato di rame ecc., come nel passato. Le fioriture principali sono due: una ad Aprile con frutti chiamati Primofiore od invernali ed a settembre con frutti detti Verdelli che sono molto rinomati.
I componenti chimici
Nella scorza del frutto: essenza di limone, liquido giallo chiaro, con odore tipico, costituito principalmente da limonene, fellandrene, citrale e altri composti chimici tipici, chiamati terpeni. Altri composti chimici presenti nel frutto sono: aldeidi, cumarine, alcoli terpenici, acidi organici (tra cui l’acido citrico), saccarosio, proteine, citrati di calcio e potassio, ecc. La vitamina C (presente nella quantità di circa 40-60 mg %) è composta da due fattori principali: il fattore C1, chiamato anche acido ascorbico ed un fattore C2 che agiscono in sinergia per esplicare appieno le loro proprietà. Le altre vitamine presenti sono la B1, la G e la P (antiemorragica), A, B, tiamina, composti iper ed ipo-glicemizzanti non ancora identificati, ecc.
Elementi ed oligoelementi: potassio, ferro, calcio, fosforo, magnesio, sodio, rame, manganese, silicio.
La salute
Una delle antiche dicerie che ancora oggi stenta a morire è quella che il limone “stringe”, parlando in termini intestinali e quindi nel decennio della stitichezza generalizzata, l’uso di questo frutto è praticamente ridotto al solo uso di cucina. Niente di più falso, ma è facile ipotizzare il perché di questa diceria. Nei tempi passati, vista la minore pulizia in cucina, nell’approvvigionamento delle acque, ecc. era molto facile che i componenti di una famiglia venissero colti da diarree ed enteriti di origine microbica. L’unica medicina era il limone, scorza e succo, che, a causa dei suoi componenti ad alto potere antimicrobico, funzionava come un valido antisettico delle vie enteriche. E questo i nostri avi lo sapevano benissimo, se non altro perchè i rimedi a disposizione, in epoca di assenza di antibiotici sintetici, erano pochi e venivano tramandati oralmente. Da qui a concludere che il limone ha azione astringente (almeno nella sua connotazione di impedire la regolare evacuazione) ce ne corre! Invece il potere blandamente lassativo o comunque regolatore intestinale era ben conosciuto dai medici e naturalisti antichi e non solo: per esempio, Plinio parlò del limone nei suoi trattati prescrivendolo come antidoto a diversi veleni.
Il succo di limone è stato prescritto in passato (e sono indicazioni tutt’ora validissime) come rimedio per la gotta, nelle malattie febbrili con diarrea, anti- acidi urici, nelle malattie del fegato, nel diabete, nell’artrite, nell’ipertiroidismo, come anti-acido nei casi di gastrite (al contrario di quello che oggi è opinione comune!), per aumentare le secrezioni gastriche e pancreatiche (quindi come digestivo), nelle affezioni polmonari, nella tubercolosi, per disinfettare l’acqua da bere (ricordarsi di lasciare agire almeno un quarto d’ora), per diminuire gli effetti di veleni e droghe, tra cui l’ubriachezza da alcolici e nelle intossicazioni da Cannabis sativa.
E qui terminiamo, perché elencare tutte le proprietà del limone richiederebbe un libro intero; abbiamo voluto solo dare qualche indicazione per “rinverdire” le proprietà terapeutiche di questo frutto, che stanno piano piano cadendo in disuso.
La bellezza
Castore Durante, medico e cittadino romano per sua definizione, nel 1585 così scrive: “l’acqua della polpa, fatta per lambicco di vetro, leva le macchie della pelle ovunque esse sieno nella persona. (…) messi i limoni negli armadi, difendono le vesti dalle tarme. (…) L’olio della scorza o dei semi dei limoni, serve a confortare e difendere il cuore dalle febbri maligne”.
Il succo di limone (oppure il succo di limone ed il succo di cetriolo in parti uguali), usato sulle macchie della pelle le attenua e le schiarisce, può essere usato anche come collirio e per lavaggi oculari (1- 2 gocce diluite in un bicchiere di acqua purissima). E’ antisettico, cicatrizzante, ottimo per le mani (utilizzare insieme ad olio di oliva, massaggiando) e per il viso, per i piedi (frizionando con succo di limone subito dopo un pediluvio tiepido), per l’acne (il succo di due limoni in un litro d’acqua per detergere il viso quotidianamente), per bagni contro la pelle grassa e seborroica (1,5 Kg di limoni in due litri di acqua bollente per 10 minuti; aggiungere all’acqua del bagno); per i geloni (frizionare la parte con succo puro).
Un po’ di questo… un po’ di quello
Salvo che nelle terre benedette da un clima adatto, era impossibile coltivare il limone che per questo fu considerato un frutto raro e prezioso. Dal 1500 d.C. in poi venne di moda, nelle case, palazzi e ville dei grandi nobili, avere a disposizione dei luoghi adatti per la coltivazione dei limoni, le limonaie, grandi locali a vetrate, con molta luce a disposizione, riscaldate, dove i limoni venivano portati a svernare. Il fascino degli alberelli di limone vive tutt’oggi nelle mie zone, dove la temperatura invernale decisamente rigida, comporta una notevole fatica per la coltivazione. Mi viene in mente il mio vicino (e come lui tanti altri), un vecchietto segaligno che ha ereditato ed incrementato una decina di grandi, enormi vasi di terracotta dove fioriscono degli splendidi limoni. Ad ottobre i vasi vengono, con immane fatica, trasferiti in una zona invernale, una serra ad imitazione delle grandi nobili limonaie del passato, mediante carretti con ruote costruiti appositamente. A primavera, ad Aprile, l’operazione viene ripetuta in senso inverso ed i limoni vengono collocati in zone riparate dal vento, potati, concimati, trattati con composti di rame, come hanno fatto per secoli i contadini della zona. Ed è tutto un controllare se la pianta non ha sofferto, un esaminare le foglie per svelare eventuali sintomi di una qualche malattia, un innaffiare, concimare con stallatico… tutto questo per ricavare un centinaio di limoni che sicuramente costerebbero molto meno anche ad acquistarli biologici. Ma tant’è… la passione del limone, del frutto d’oro, colpisce ancora come una febbre contagiosa. Chi ne è colpito non guarisce mai più.
Le ricette
Il limone ha sempre avuto un ruolo preponderante nella cucina italiana. Oggi però nella cucina comune, quella di tutti i giorni, viene relegato al ruolo di aggiunta su piatti di fritto, di arrosto o nelle insalate. I grandi cuochi che da pochi anni hanno rinverdito la cucina mediterranea lo usano come ingrediente indispensabile per la realizzazione di primi piatti, di dessert, di bevande ecc.
Vi presento alcune ricette della tradizione popolare, a metà tra “ il buono” ed il “salutare”. Certo, sono sapori antichi, da riscoprire, niente a che vedere con i cibi e le bevande dolci, gassate, colorate a cui siamo abituati.
Questi sono sapori da riscoprire ed a qualcuno piaceranno.
Liquore di limone
La scorza gialla di 6 limoni (rigorosamente biologici, sia del tipo maturo, sia non ancora a maturazione) in 1 litro di alcool purissimo a 95°, per liquori. Mantenere in fusione per 14 giorni. Eliminare le scorze ed aggiungere lentamente e sotto agitazione 900 g di acqua minerale nella quale avrete fatto sciogliere a caldo 600-800 g di zucchero a seconda del gusto. Lasciare invecchiare almeno 60 giorni. Servire freddo alla fine del pasto, oppure caldo per aiutare la digestione.
Crema di limone
La scorza gialla di 8 limoni non trattati con antiparassitari in 1 litro di alcool a 95°. Lasciare in fusione per otto giorni. Far bollire 2 litri di latte intero con 2 stecche di vaniglia ed 1,700 Kg di zucchero. Far raffreddare ed unirlo all’alcool dopo aver filtrato le bucce. Imbottigliare e consumare. C’è chi dice ghiacciato, c’è chi preferisce a temperatura ambiente.
Canarino
Per chi ha bisogno di un digestivo non alcolico, per chi ha mangiato troppo, per chi soffre di acidità di stomaco.
Bollire in 300 g (una tazza di media grandezza) di acqua, un limone con tutta la scorza tagliato a spicchi o a fettine, per almeno 10 minuti. Zuccherare o aggiungere miele, se gradito.
Bevanda estiva
Questo ricetta può servire a chi soffre di colon irritabile (la cosiddetta “pancia gonfia”), specialmente in estate quando il disturbo si fa sentire in maniera notevole.
Far bollire 30 g di orzo, 1 limone intero tagliato a fette, 1-2 cucchiai di miele per almeno 10 minuti. Lasciare raffreddare, filtrare ed utilizzare come bevanda rinfrescante, oltrechè benefica.
Pesci e limoni
Questa semplice ricetta può essere molto utile a chi, in estate, va al campeggio, a chi ha un marito o padre o fidanzato che hanno la pesca come hobby; spesso ci si ritrova con una certa quantità di pesce misto, magari del tipo non pregevole, ma comunque buono come tutte le cose di mare appena pescate.
In una casseruola di grandezza adatta porre 1-2 spicchi d’aglio con tutta la buccia e pochi cucchiai d’olio. Far soffriggere l’aglio per pochi minuti, eliminare gli spicchi, poi adagiare le varie specie di pesce, facendo attenzione che la grandezza sia compatibile, formando uno strato. Quindi fare un altro strato di fette di limone, compresa la buccia; un altro strato di pesce, poi un altro di limone, ecc. Se il pesce è stato lavato e pulito con acqua di mare non è necessario salare ulteriormente. Coprire con un coperchio, cuocere a fuoco basso fino a che l’acqua dei pesci non si sia ritirata al punto giusto.
Bibliografia
Valnet J. : Cura delle malattie con ortaggi, frutta e verdura. Giunti, Firenze 1982
Valnet J: Cura delle malattie con le essenze delle piante. Giunti, Firenze, 1984
Durante C.: Herbario nuovo. In Roma 1585
Grimal P.: I giardini di Roma antica. Garzanti. 2000
Piterà F.: Compendio di gemmoterapia clinica. Ferrari Ed. 1994