La filosofia come opportunità nella vita. Il filosofo come consulente. Intervista a Elio Occhipinti
Testo di: Roberta Piliego
Da alcuni anni si va sempre più diffondendo e apprezzando un aspetto della filosofia poco conosciuto e spesso sottovalutato dagli stessi filosofi: utilizzare la filosofia per affrontare e chiarire alcune questioni sulla vita e i problemi ad esse correlati.
Quando siamo tormentati da quesiti esistenziali come il significato della sofferenza, l’esistere, la morte, la malattia, il male, cerchiamo spesso una via d’uscita allontanandoli oppure rivolgendoci ad uno psicoterapeuta nella convinzione che affrontare il vissuto emotivo di tali domande aiuti a superare i momenti di maggiore difficoltà. Eppure simili soluzioni si traducono molte volte in una sensazione di ancora maggiore frustrazione e depressione, perché queste problematiche appartengono alla sfera della riflessione filosofica che le ha affrontate nel corso dei secoli offrendo un valido aiuto alla loro comprensione. Per questo la filosofia si ripropone come uno strumento di comprensione e autoconsapevolezza per tutti coloro che vivono quotidianamente la vita con affanno.
Ne parliamo con il dott. Elio Occhipinti, filosofo e psicologo, che dirige a Milano il corso per Consulenti Filosofici della Scuola di Formazione Psicofilosofica di Genova.
INCONTRO CON ELIO OCCHIPINTI
D: Dott. Occhipinti che cos’è la consulenza filosofica?
R: Il concetto di consulenza filosofica è stato coniato dal filosofo tedesco Gerd Achenbach nel 1981, per indicare una procedura che ripropone in epoca moderna un antico aspetto della filosofia, cioè la sua vocazione a far riflettere e a modificare la maniera di vedere il mondo e di essere in esso. In parole semplici la consulenza filosofica restituisce alla filosofia la sua veste pratica, facendola uscire dal ristretto e angusto spazio degli specialisti e riportandola ai problemi e alle domande che ogni giorno assillano la vita dell’uomo.
Nella consulenza filosofica, il filosofo assume il ruolo di un facilitatore, di un accompagnatore, di colui che, grazie alla sua formazione e alle sue capacità di meditare sui temi della vita, può aiutare le persone a riflettere sulla propria vita e a vedere i problemi sotto altre prospettive.
D: Qual è il metodo e la tecnica della consulenza filosofica?
R: La consulenza filosofica è un’interazione che si basa su un colloquio libero e razionale tra il consulente e il cliente, in cui entrambi si mettono in gioco. La straordinaria e singolare conseguenza di un siffatto dialogo è di non aver bisogno di un metodo e di tecniche prestabilite da imporre al consultante, è la continua riflessione tra le persone che crea di volta in volta il suo modo di procedere.
La consulenza filosofica guarda alla tradizione del pensiero, riportando però la filosofia alle sue applicazioni pratiche e utilizzando le ampie risorse che la tradizione offre per poi adattarle alla vita e ai problemi che essa comporta. La filosofia vissuta, non quella asettica e pedante dell’accademismo universitario, agisce sulla realtà, sul qui ed ora, mostrando questo stesso presente da un punto di vista differente, attraverso la riflessione sull’esistenza e sui concetti personali e culturali che la determinano.
D: Cosa distingue la consulenza filosofica da una psicoterapia?
R: Rispetto alla psicoterapia o alla psicoanalisi, la consulenza filosofica si differenzia soprattutto per due aspetti importanti e significativi. Il primo, come abbiamo detto, è che la consulenza filosofica non possiede metodi di applicazione e di procedimento prestabiliti. Le psicoterapie, invece, si differenziano l’una dall’altra per caratteristiche e distintive teorie della personalità, possiedono delle procedure standard da applicare ai pazienti e determinano con precisione il momento e il luogo dell’incontro. Il consulente filosofico potrebbe invece dialogare con il suo ospite passeggiando per strada o seduto in un caffè.
In secondo luogo, la consulenza filosofica agisce e procede razionalmente sul discorso effettivo che viene man mano articolandosi tra il consulente e il consultante. L’interazione attiva che avviene tra i due li costringe a mettersi in gioco continuamente, il loro obiettivo è di andare oltre alle opinioni imposte, alle banalità e alle false certezze. È un patto, un impegno comune ad andare oltre le apparenze e a “pensare sempre ulteriormente”. Le psicoterapie, invece, si occupano dell’inconscio della persona, forniscono delle interpretazioni sul suo comportamento o sulle sue convinzioni, cercano la causa profonda del suo disagio nella sua storia personale. Il sintomo è il preludio o la manifestazione di una malattia e come tale va analizzato e curato.
D: Oltre all’aiuto che può fornire alla singola persona, ci sono altri campi di applicazione?
R: La consulenza filosofica si sta imponendo in molti altri settori della vita sociale. Molto interessanti e stimolanti sono i gruppi filosofici che hanno come obiettivo quello di dialogare sui temi classici della riflessione filosofica: la conoscenza, la morte, la malattia, l’amore, ecc.
Personalmente ad esempio conduco un gruppo ispirato all’affermazione “la filosofia è meglio del Prozac”, parafrasando il titolo di un libro di uno dei più conosciuti consulenti filosofici americani: Lou Marinoff che ha scritto “Platone è meglio del Prozac”. Si organizzano anche “caffè filosofici”, dove in un clima piacevole e particolarmente informale, il tema viene deciso dai partecipanti di volta in volta. Le regole all’interno di questi gruppi sono poche ma fondamentali: essere cortesi, pazienti, tolleranti e attenti.
La consulenza filosofica trova anche diverse applicazioni in ambito lavorativo. Negli ultimi anni, le grandi aziende sono molto attente ai problemi etici, razziali e religiosi del personale. Il consulente filosofico offre l’opportunità di discutere questi argomenti senza tesi preconcette, favorendo il libero dialogo e lo scambio di idee tra persone. Queste applicazioni vengono anche recepite da numerose istituzioni sociali, come le scuole, i centri assistenziali e sanitari. Negli Stati Uniti è sempre più frequente trovare in una équipe medica, oltre al medico e allo psicologo, anche il filosofo per affrontare temi molto attuali e scottanti come l’accanimento terapeutico o l’eutanasia.
D: Il consulente filosofico deve quindi possedere alcuni caratteri distintivi e certe qualità, può indicarci quali?
R: Sicuramente il filosofo, da parte sua, grazie alle letture e alla riflessione personale deve aver imparato ad essere maggiormente consapevole di se stesso e deve essere in grado di comprendere, se sia riuscito a sviluppare quella sensibilità e quell’attenzione necessaria alla relazione umana.
Deve, inoltre, essere in grado di sentirsi a suo agio anche nel rapporto con i pensieri, le convinzioni e le interpretazioni di realtà diverse dalle sue. Solo così potrà condividere pienamente un libero dialogo insieme al suo ospite, e aiutarlo a prendere in considerazione altri criteri di valutazione della vita e delle circostanze che in questo momento gli procurano disagio.
ELIO OCCHIPINTI
Laureatosi in Psicologia nel 1975, psicoterapeuta, ha seguito un iter formativo in ambito clinico sotto la guida di numerosi professionisti. Insoddisfatto delle risposte che la psicologia dava al senso della vita, si è iscritto alla facoltà di Filosofia dove ha conseguito la laurea nel 1985. Le sue ricerche filosofiche sono state estese anche alle culture orientali, e queste hanno ispirato nel 1985 la fondazione dell’Istituto Kuan, dove per anni è stato proposto il meglio delle acquisizioni nel campo del benessere della Medicina Cinese. Autore di opere di argomento psicologico e relative alla cultura e alla medicina cinese, svolge altresì l’attività di docente in corsi ECM. È presidente dell’IFE – Istituto di Formazione Europeo a cui fanno capo La scuola di Naturopatia e La Scuola di Consulenza Filosofica.