Educare alla Libertà e alla Pace
Testo di: Olivia Oeschger
Dite:
È faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. E’ piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli.
Janusz Korczak
Una pedagogia che educhi alla libertà responsabile e alla Cultura della Pace. Questo, da molti è stato definito il secolo della Dipendenza. Un’affermazione che può apparire strana quando tutti gridano che il valore, anche da esportazione, fondamento della nostra attuale Civiltà, sia proprio la Libertà.
Forse guardando un po’ più attentamente il nostro Mondo potremmo vedere che la Libertà propugnata assomiglia molto alla libertà come ce la immaginavamo da adolescenti: la libertà di far quello che si vuole. La vera libertà come ci ha insegnato Viktor Frankl è invece la libertà responsabile, la libertà di essere se stessi: l’Autonomia, una domanda che continuamente ci interroga e che chiede una risposta unica che ogni individuo può scoprire solo nel rapporto unico con la propria coscienza (AutoNomos). Forse l’equivoco dipende dal fatto che la Libertà viene confusa con l’Individualismo e l’Autonomia con l’Indipendenza.
La Pedagogia della Libertà e della Pace, sta all’educazione formale come la Spiritualità sta alla religione. In Occidente, è un movimento antico e sotterraneo, nascosto nelle celle dei Ricercatori Spirituali e nei circoli della Filosofia Perenne, che ha accompagnato, e cercato di arginare, quello dominante della Pedagogia Nera, fratello germano della Teologia Nera, una forma educativa e religiosa che fondamentalmente ha come assunto una concezione del bambino naturale, o del fedele, come portatore di “male”, male che va estirpato o esorcizzato.
L’essere deve essere svuotato dal suo Errore Originario, il Peccato Originale, ed essere riempito del Bene che qualcuno pensa di possedere; una pedagogia, quindi, che non mira allo sviluppo delle qualità intrinseche della persona quanto al controllo delle sue emozioni e alla sottomissione dei suoi pensieri.
Fra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, il Movimento della Pedagogia della Libertà si manifesta quasi simultaneamente dalla Scandinavia all’Italia, dalla Russia agli Stati Uniti d’America. Sull’onda della crisi dell’occidente e della ricerca di valori e pensieri nuovi “esplodeva” la nuova concezione sull’educazione dei bambini. I motivi per questo fenomeno sono tanti: dalla fondazione della Croce Rossa e della stipulazione della Convenzione di Ginevra; alle ricerche di Freud sull’inconscio e la sessualità del bambino; la Pedagogia si emancipa dalla Filosofia (e dalla Religione) e in Svezia (1900) una donna rilegge “Emil, o dell’educazione”, il romanzo educativo di J.J. Rousseau (1712–1778) e ne fa la base del suo libro”Il secolo del bambino”.
Il libro di Ellen Key fu tradotto in tante lingue nell’arco di pochissimo tempo e diviene “la bibbia” della nuova pedagogia. Questa esplosioni durò in circa 50 anni, ed ebbe la sua massima espressione negli anni 20 del secolo scorso. Questo movimento in Italia prende il nome di “attivismo”, in Francia “éducation nouvelle”, nei paesi anglosassoni “progressiv education” e “Reformpädagogik” nei paesi di lingua tedesca.
Dopo aver subito una battuta d’arresto durante gli anni del totalitarismo ed essere quasi dimenticato nel dopoguerra, vive un risveglio negli ultimi 20 anni. Le scuole “libere” hanno un’affluenza crescente d’alunni e studenti. I metodi dei rappresentanti più conosciuti – Maria Montessori e Rudolf Steiner – sono studiati ed applicate anche nelle scuole elementari statali. Altri esperimenti interessanti sono “La pedagogia del rispetto” di Janusz Korczak e la scuola antiautoritaria di Summerhill di Neill. Come tutti i grandi movimenti spirituali, anche questo, è la riscoperta e la riproposta in forma nuova, consona ai tempi, di un sapere antico, che era stato dimenticato, ma che è sempre stato presente in forma di pensiero latente. Come ogni grande rinnovamento anche questo parte da una con-versione.
È la riscoperta di una visione del bambino, completamente diversa da quella applicata per quasi 2000 anni: il bambino ha la sua dignità come bambino e NON come futuro adulto od essere in divenire; ha una sua intelligenza e saggezza intrinseca e ha il diritto di fare delle esperienze e di essere perfettamente così com’è!
Il punto di partenza per l’educazione è l’individualità del bambino e NON dogmi o principi astratti. Gli strumenti dell’educatore sono l’osservazione, l’ascolto attento, il rispetto della integrità e dignità del bambino, o come dice Janusz Korczak (1878-1942): “L’atteggiamento dell’educatore è amore incondizionato”.
L’educazione NON è l’applicazione di regole imposte attraverso premi e punizioni ma una relazione autentica che sta in un processo dinamico tra due o più persone: “Ogni relazione educa”, (Martin Buber). Perché ogni educazione è un incontro e ogni incontro chiede di uscire da me per rivolgermi ad un tu. Ogni incontro perciò mi cambia; è questa l’etimologia antica di educare, ex-ducere, uscire fuori. Se voglio conoscere l’altro devo mettere da parte i miei preconcetti, mettere da parte l’Ego.
Sono le stesse caratteristiche dell’Amore Autentico. Non c’è in questa relazione uno che da e uno che riceve, ma due persone che imparano e crescono insieme. Noi impariamo dai nostri allievi quanto impariamo dai nostri maestri, dice sempre Martin Buber, e come osserva Elisabeth Kübler-Ross, i bambini sono i maestri più grandi di tutti.
Janusz Korczac, ha creato a Varsavia un orfanotrofio che ospitava duecento bambini ebrei che lui volontariamente, per non lasciarli soli, ha seguito fino in campo di sterminio, dove ha incontrato la morte. Ha definito i Diritti del Bambino: il bambino ha diritto alla propria morte, cioè alla propria vita e non deve venir rinchiuso in una campana di vetro dall’ansia e dal controllo adulti, il bambino ha diritto a vivere il presente e non ad essere vissuto per l’adulto che sarà, il bambino ha diritto ad essere così com’è, e non a sentirsi dire non fare il bambino!
Per Rudolf Steiner (1861-1925), fondatore della Scuola Waldorf, è il “modello” che educa nei primi sette anni della vita, in altre parole è l’esempio dell’educatore. Il bambino impara tramite l’imitazione. Allora ogni educazione è un’autoeducazione. Quelli che insegnano insegnano attraverso il continuo lavoro su se stessi.
Nel pensiero steineriano dei cicli evolutivi è l’autorità autentica dell’adulto che aiuta al bambino ad orientarsi nel secondo settennio di vita (da 7-14 anni). Nel terzo settennio (14-21) sono gli “ideali” (la Libertà, l’Amore, la Giustizia…) e i loro rappresentanti (spesso idealizzati) “gli insegnanti”, lo scontro tra questi ideali e i valori degli adulti portano l’adolescente alla soglia dell’età adulta. Con questo passaggio comincia inevitabilmente (dovrebbe incominciare) AUTOEDUCAZIONE; vuol dire: incontrare se stessi – imparare dal destino.
Il lavoro di biografia sulla base dell’Antroposofia (Gudrun Burkhart) come educazione alla libertà
Ogni vita è considerata un’opera d’arte – un’immagine di una realtà spirituale. Ogni persona plasma la sua opera d’arte in maniera individuale per immetterla nello scorrere nel tempo. Nei momenti importanti, nei periodi di crisi e “nei punti di inversione” appare il piano segreto, con il quale noi scriviamo la nostra biografia.
Il Lavoro di Biografia è un modo di usare la propria biografia come grande maestra che ci aiuta nel nostro impegno di imparare ciò che è il nostro compito ultimo: diventare sempre di più noi stessi. Ci fa capire l’ordine insito in ogni vita umana, ci propone delle domande chiarificatrici che ci fanno scoprire il progetto della nostra incarnazione attuale e di riprendere in mano i nostri compiti e le nostre responsabilità. Invece di “subire” la vita, possiamo diventare agente attivo collaborando con il nostro destino.